In questa guida di storia, si intende analizzare l’importantissimo evento del delitto Matteotti e della consuguente secessione dell’Aventino.
Il 30 maggio 1924, Giacomo Matteotti, deputato socialista di opposizione, prese la parola nella Camera dei deputati e contestò i risultati delle elezioni tenutesi qualche settimana prima (il 6 aprile 1924), denunciando apertamente una serie di violenze e di illegalità connesse all’azione fascista e alla forzata vittoria dei fascisti (della Lista Nazionale) alle lezioni.
Il 10 giugno 1924, nel pomeriggio, Matteotti fu rapito dalla polizia politica fascista ed ucciso. Il Duce venne avvisato della morte di Matteotti probabilmente il giorno dopo. Il 12 giugno 1924, interrogato dai deputati di opposizione (in particolare da Enrico Gonzales), Mussolini negò di conoscere notizie certe sull’accaduto.
Il 24 giugno il Senato riconfermò la fiducia a Mussolini e due giorni dopo, più di 123 parlamentari dell’opposizione si riunirono in una sala di Montecitorio decidendo di abbandonare i lavori parlamentari finché il governo non avesse chiarito la sua posizione a proposito della questione Matteotti. Da questa riunione, il 26 giugno iniziò quella che viene conosciuta come la Secessione dell’Aventino, una fase di protesta attuata dall’opposizione italiana dopo la scomparsa di Giacomo Matteotti.
Il corpo senza vita di Matteotti fu ritrovato per caso il 16 agosto 1924, in un bosco nel comune di Riano. Mussolini ordinò al ministro degli Interni (Luigi Federzoni) di far celebrare i funerali di Matteotti a Fratta Polesine, la città natale di Matteotti, per non dare troppo nell’occhio.
L’opposizione dell’Aventino non riuscì a reagire all’accaduto, limitando il proprio ruolo politico ad una blanda manifestazione morale. Le repressioni ordinate da Mussolini e i problemi interni tra gli aventiniani fecero il resto.
Il 5 novembre 1926 il Governo approvò la reintroduzione della pena di morte. Il 6 novembre 1926 furono sciolti, con Decreto Regio, tutti i partiti di opposizione. Il 9 novembre 1926, la Camera dei deputati deliberava la decadenza dei 123 deputati aventiniani rimasti.
Alcuni aventiniani, come il famoso membro d’opposizione Giovanni Amendola (percosso da un gruppo di squadristi e lasciato in fin di vita) trovarono la morte durante la secessione dell’Aventino, altri aventiniani, come Antonio Gramsci (arrestato in casa sua l’8 novembre 1926, nonostante l’immunità parlamentare), vennero perseguitati e morirono successivamente, una volta instaurata la completa dittatura.